La nuova normativa europea sulla privacy adottata nel 2016, che entrerà in vigore da maggio in tutti gli Stati dell’Unione, pone nuove regole sul consenso digitale da parte dei minori. Considerato l’utilizzo indiscriminato già in tenera età (secondo i dati già a partire dai 7-8 anni) del web, dei social network, degli acquisti online ecc., il GDPR rafforza i contenuti e la disciplina in materia di protezione dei dati personali dei minori, applicando specifiche modalità per la raccolta del consenso e riconoscendo precisi diritti agli interessati.
L’attuale normativa, in Italia, prevede che la capacità di agire si acquista con la maggiore età, quindi a 18 anni. Il minore con età compresa tra 14 e 18 ha una capacità giuridica attenuata mentre il minore dei 14 anni non è imputabile e non ha capacità giuridica. Ma cosa cambia a partire dal 25 maggio? A partire da tale data le modifiche riguardo l’età minima e le modalità di trattamento e prelievo del consenso vanno desunte dall’art. 8 del Regolamento Ue, il quale specifica che in materia di offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni.
È 16 anni, dunque, l’età minima per poter esprimere da soli, senza l’intervento dei genitori o di chi ne fa le veci, il consenso al trattamento dei dati personali in occasione dell’iscrizione a social, app o altri servizi digitali online. È questo l’orientamento espresso dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia), Filomena Albano, in un parere inviato al Governo a proposito dello schema di decreto legislativo all’esame del Consiglio dei ministri per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento 2016/679/UE del Parlamento europeo e del Consiglio in
materia di privacy. La nuova disposizione europea – nota anche come Gdpr e che entrerà in vigore il prossimo 25 maggio – fissa a 16 anni tale età, ma consente agli Stati membri di stabilirne una più bassa, purché non inferiore ai 13 anni.
“Non è opportuno abbassare la soglia dei 16 anni prevista dal Regolamento”, osserva la Garante Filomena Albano. “I diritti di ascolto, partecipazione, espressione e quello di essere parte della vita culturale e artistica del Paese previsti dalla Convenzione internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza devono dar vita a una ‘partecipazione leggera’ dei minorenni. In altre parole, non gravata da pesi e responsabilità che competono, da una parte, a chi esercita la responsabilità genitoriale e, dall’altra, ai contesti educativi e istituzionali nei quali sono inseriti i ragazzi”.
Ad oggi, in Italia, osserva l’Autorita’ garante, “non si registra una diffusione capillare di programmi educativi tarati specificatamente sulla ‘consapevolezza digitale’. Serve che le agenzie educative e le istituzioni predispongano e attuino un programma in tal senso, accompagnato da uno studio sulla necessaria consapevolezza digitale da parte delle persone di minore età. In assenza non è possibile immaginare una soglia per il consenso autonomo dei minorenni più bassa di quella stabilita a 16 anni a livello europeo”. I 16 anni, d’altra parte, rappresentano già nell’ordinamento giuridico italiano un’età di passaggio verso la maturità per altre situazioni giuridicamente rilevanti.
Il parere dell’Agia – preceduto dall’audizione, nei giorni scorsi, di 20 esperti e della Consulta dei ragazzi – contiene una serie di indicazioni che puntano anche a dar corpo ai “considerando” del Regolamento Ue. Tra di esse: la richiesta che le informative sul trattamento dei dati personali siano scritte in un linguaggio comprensibile ai minorenni e che i loro dati siano trattati al solo scopo di tutelarne i diritti e non per finalità di marketing. Sottolineato anche il diritto del minorenne ad accedere, rettificare o chiedere di cancellare le informazioni che lo riguardano.
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